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Una poesia al giorno toglie il temporale di torno: Altolaguirre (5)

 

La Polvere

 

Perché siamo distanti,

piccoli ci sentiamo.

Cammina verso di te, uomo,

cammina più dentro.

Quando ti raggiungerai,

fra le tue dita avrai

una lieve sabbiolina

di verità e di sogni.

 

(Manuel Altolaguirre)

 

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La canzone del giorno (52): Band Of Skulls

 

There’s one for the money and two for the sin

And three for the tongue when authority kicks in

 

 

 

Quando pensiamo al futuro confidiamo possa esistere un’altra strada, una nuova prospettiva, libera dal compromesso, attecchita in una realtà gioiosa e piena di vita?

Quando pensiamo al futuro speriamo si possa cancellare il passato pieno di falsità, di sopraffazioni, mortificazioni sociali, schiavitù, ignoranza, prevaricazione su ogni essere vivente che siano uomini, donne, bambini, animali, organismi naturali causata da quel male incurabile chiamato profitto?

Quando pensiamo al futuro siamo disposti a lottare uniti per un esclusivo ideale: il piacere della condivisione e del mutuo soccorso, eliminando le invidie e gli egoismi, togliendo ogni steccato, ogni prigione, ogni divisione, ogni frontiera, ogni arricchimento improprio, ampliando la cultura grazie a un’effettiva libertà di pensiero?

Forse giungerà come d’incanto questa consapevolezza. Con una musica, una canzone, una parola, un gesto accennato, un sorriso abbozzato, una frase spiazzante, un bacio inaspettato. E se ognuno di noi cominciasse ad amare veramente se stesso si conquisterebbe la libertà dagli schemi, dagli obblighi preconcetti, dalle dottrine inficianti, dalle regole e dai divieti, dai sensi di colpa, dalle abitudini connaturate al mostro che abbiamo contribuito a generare.

Allo stesso modo riusciranno i Band Of Skulls, terzetto proveniente da Southampton, nelle loro undici tracce hard rock country blues splendidamente orchestrato, dalle egregie costruzioni armoniche e soprattutto eseguito con un pathos e una passione tale, nell’intreccio delle voci esplicitamente sensuale di Emma Richards e implicitamente ruvida di Russell Marsden, da non poter lasciare indifferenti a non soggiogare ai dogmi del mercato, ai postulati della bieca imitazione e a librarsi nel cielo della svincolata sperimentazione per ritoccare una volta tanto uno dei tanti capolavori di Baudelaire: "Il Poeta (in questo caso l’Artista) assomiglia al principe dei nembi, che abita la tempesta, e ride dell’arciere. Ma esule sulla terra, al centro degli schemi, per le ali da gigante, non riesce a camminare”?

 

 

Fonte: http://www.youtube.com/user/TheMaestro1888

 

 

 

TESTO:

 

There’s one for the sorrow and two for the joy

And three for the girls and four for the boys

 

There’s five for the silver and six for the gold

And seven for the secrets that are never to be told

 

There’s eight in the river and nine in my head

And ten of the worst kind sleeping in my bed

 

There’s a pattern, there’s a pattern, there’s a pattern there to follow

A pattern, there’s a pattern, there’s a pattern there to follow

Oh, oh, oh, to follow

Oh, oh, oh, to follow

 

There’s one for the money and two for the sin

And three for the tongue when authority kicks in

 

There’s four for the reason and five for the tricks

But nothing’s going to save you from the six six six

 

There’s seven for the days and seven for the nights

And seven for the heavens and the tunnel and the lights

 

There’s a pattern, there’s a pattern, there’s a pattern there to follow

A pattern, there’s a pattern, there’s a pattern there to follow

Oh, oh, oh, to follow

Oh, oh, oh, to follow

 

To follow

To follow

To follow

 

Oh, oh, oh, to follow

Oh, oh, oh, to follow

 

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Sempre con Michele Santoro!

 

 

 

Fonte: http://www.youtube.com/user/girmawinetwo

 

 

 

di Carlo TecceIl Fatto Quotidiano

 

Con il solito completo blu, tra luci e ombre di studio, Michele Santoro fa un appello alla sua azienda. Un gesto per recuperare un rapporto compromesso, non ancora consegnato all’archivio: “Mi sono sentito libero con Raiperunanotte. I partiti non contavano nulla, Luttazzi poteva esprimersi. Questa è la Rai che voglio. Vogliono che io rimanga? Me lo dicano. Non devono considerarci un materiale proibito del servizio pubblico. Basta una parola e io confermo”. La palla passa all’azienda: se dovesse spedirla in tribuna, grazie e arrivederci. “Se la vostra tv non prevede Annozero, lasciatemi libero di riprendere il discorso di Raiperunanotte. Se mi considerate un estraneo,arrivederci e grazie,il mio pubblico capirà”. La lunga introduzione di Annozero inizia come se fosse un faccia a faccia con i telespettatori: “Solo voi mi potete giudicare. Non tollero lezioni morali. In particolare da Vespa che viene pagato da Oscar per un programma in crisi. Rispetto il presidente Zavoli, ma non posso accettare la morale: la sua Commissione ha chiuso l’informazione per un mese”.

 

Immancabile la politica, il Pd, i suoi consiglieri Rai, il segretario Bersani e l’Italia dei Valori: “I partiti di destra e sinistra controllano la Rai e la stanno portando alla crisi. Non hanno mai preso atto della sentenza e mi considerano messo in video da un giudice. E i direttori di Repubblica, Corriere e Stampa mi hanno mai difeso? Senza le intercettazioni di Trani, come avrebbero scritto l’eventuale multa di 90 milioni dell’Autorità?”.

 

LA GIORNATA. Ecco l’Annozero, un corridoio curvilineo e poche stanze nella sede Rai. Borgo Pio, San Pietro, Roma. La trasmissione che travolge l’indice share, raduna milioni di telespettatori, irretisce la politica di lotta e di governo e pure di opposizione. Nella redazione c’è una brutta sensazione: la fuga collettiva – tra il direttore generale Masi e la truppa di consiglieri – verso le uscite di sicurezza. Che nella metafora di Beppe Grillo diventa il classico “Santoro è morto, viva Santoro”: “Beppe ha colto il segno”, dice. Perché il conduttore ha una domanda che cerca una risposta da due giorni: “Qualcuno voleva ancora Annozero? Guardate il voto al settimo piano”. Quel voto compatto del consiglio di amministrazione – sette sì e due astenuti – necessario e prezioso per innescare il comunicato dell’azienda. Tradotto: la vittoria del Dg, l’ex segretario di governo Mauro Masi – che aveva definito da Zimbabwe le pressioni di Berlusconi – era riuscito a stanare il programma più fastidioso al regime. E pure, altra parolina magica, in forma “consensuale”. La nota ufficiale della Rai ha scatenato il dibattito e intasato le agenzie, le repliche piccate dei colleghi, i comprensibili titoli sui giornali e, il tratto che più ferisce Santoro, il totoscommesse sulle cifre della liquidazione: “Niente di più e niente di meno di quanto spetterebbe a chiunque, e sottolineo chiunque, decidesse di andare in pensione con sei anni di anticipo”.

 

L’azienda ha esposto Santoro con un contratto – da ex dipendente pubblico, futuro collaboratore esterno – ancora da valutare e da firmare: “Vediamo che succederà la prossima settimana”. E così pensa a una conferenza stampa, riprende il testo dell’introduzione alla puntata, guarda i giornali: “Michele, siamo alla ventesima prima pagina sui giornali? Quelli di destra, ovviamente, superano la concorrenza”, ironizza un collaboratore. Santoro è dispiaciuto poiché da viale Mazzini ai tinelli di casa, lì dove siede il pubblico di Annozero, è passato il messaggio di un armistizio ricoperto da milioni di euro: “Io non mi sono arreso”. Non è innegabile che un patto sia stretto da due parti, una che offre, l’altra che accetta, neppure è superfluo ripetere che l’azienda, notificando il ricorso in Cassazione al reintegro di Santoro, abbia costretto il giornalista a pensare oltre il servizio pubblico, oltre l’appuntamento su Raidue: “Tutti sanno – e la redazione riempie l’atrio di Borgo Pio – le difficoltà affrontate nell’ultima stagione. La nostra libertà andava restringendosi, cosa dovevamo aspettarci per l’anno prossimo?”.

 

E qui la rilettura di un verbale del Cda – datato 2 aprile 2009 – potrebbe rendere il quadro più ombroso e dunque preoccupante. Controllare il tavolo e scoprire che la gamba del Pd, senz’altro utile alla causa di Santoro, sia all’improvviso sparita. E così possiamo decifrare la lettera poi cestinata – come scritto da Curzio Maltese – di Santoro al segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Masi informava l’assemblea sulla sentenza d’Appello in favore di Santoro. Nino Rizzo Nervo interveniva proponendo una “transazione”, una negoziazione tra l’azienda e il giornalista per “evitare un precedente di fronte a una sentenza abnorme”. Il consigliere di minoranza replica con prontezza: “Io sto con Santoro e con Annozero. Non nascondo che una sentenza di un Tribunale del lavoro sia abnorme – come avevo detto l’anno scorso – perché rischia di intaccare per sempre l’autonomia dell’editoria, costringendolo a compilare i palinsesti secondo dettatura di un giudice”. Poi c’è chi è perplesso per il voto con la maggioranza di martedì: “Siamo stati animati da sentimenti diversi, ma io ho sostenuto l’iniziativa di Masi perché c’era l’assenso di Santoro. Non è detto che avrò il medesimo comportamento quando mi mostreranno il contratto”.

 

L’ERRORE. Nelle concitate ore di martedì, la ricostruzione dei fatti era viziata da un errore di partenza: il Consiglio ha appreso della “trattativa” sull’ordine del giorno? “Forse no, alcuni sapevano”, precisano fonti qualificate di viale Mazzini. Anche se Rizzo Nervo e il collega Van Straten hanno chiarito: “Annozero era stato già inserito nei palinsesti autunnali, se non andrà in onda, la decisione sarà solo di Santoro”. Sorvolando sulle posizioni in campo, la famosa “transazione” non è un’idea originale di Masi né un fastidio per il Consiglio. E via con il ritornello di Grillo: “Santoro è morto, viva Santoro”. Un funerale celebrato a destra e sinistra. Un biglietto da visita per Masi da spendere (all’incasso) con Silvio Berlusconi, tanti punti sulla carta per conquistare il desiderato posto da presidente delle Ferrovie. Masi gestisce il gioco e avanza con la palla tra i piedi, ma la partita non è chiusa: “Vediamo, vediamo”, ripete l’inventore di Samarcanda e Sciuscià. Il secondo o forse già terzo comunicato della Rai, allineato sulle posizione di Santoro, può sembrare almeno curioso: “Lo schema di accordo proposto è conforme alla normativa vigente in materia giuslavoristica. Si tratta di una normale applicazione della normativa generale sull’esodo incentivante per i dirigenti d’azienda, affiancata da un accordo commerciale del tutto vantaggioso per Rai che acquista da un professionista prestigioso programmi e prodotti televisivi di qualità a prezzi inferiori a quelli medi di mercato e per almeno due anni”. Sottratto il concetto al burocratese: la Rai difende Santoro dalle critiche sui costi. Altra rarità negli ultimi otto anno, dall’editto bulgaro in poi. Santoro ha capito di aver sbagliato a farsi travolgere dalle notizie: “Sembra che mi abbiano ricoperto d’oro e convinto a farmi cambiare lavoro. Ma io continuerò a fare informazione come piace e come vuole il mio pubblico”. E il fidato Sandro Ruotolo rilancia: “Davvero pensate che sia la resa di Michele? Nessuno andrà in pensione”. Il promesso biennio con la Rai sarà vissuto tra documentari e serie televisive, chissà, ma per onore di cronaca – sino a ieri – Santoro deve firmare il contratto da collaboratore con l’azienda. Cambierà idea? “Chi può escluderlo?”, dice un suo amico e storico dirigente Rai. E adesso Annozero può (ri)cominciare?

 

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Una poesia al giorno toglie il temporale di torno: Altolaguirre (4)

 

 

Il tuo nudo

 

Il cielo del tuo tatto

dorato copriva

l’occulto giardino

di passione e di musica.

 

Alte edere di sangue

abbracciavano le tue ossa.

 

La carezza dell’anima

– trepida brezza – moveva

tutto quel che tu eri.

 

Vaghissimo crepuscolo

di rossore e indolenza

era la tua pelle! Restavi

come astro senza scintillio

che dal sole riceva

la luce del tuo alone.

 

Soltanto sotto i tuoi piedi era notte.

Eri prigione di musica,

dalla musica catturata

che tentava fuggire

in ogni tuo gesto,

ma che uscir non poteva

e s’affacciava come un bimbo

ai vetri dei tuoi occhi limpidi.

 

(Manuel Altolaguirre)

 

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L’angolo del rifiuto VII

 

Vi avverto fin d’ora, e che qualcuno non osi saltar fuori e dichiarare che non ve l’avevo detto: Marco Marfè sarà il fenomeno che scaverà le classifiche, Mariottide copyright, nei prossimi decenni e merita un’immediata e degna presentazione. Gli amanti del genere in questione, gli emo, i tamarri, le sanguisughe, i fan di Povia, i papaboys, chi crede a Babbo Natale e a Radio Maria, chi guarda sempre i Gormiti in televisione, chi si lava solo il 29 febbraio e chi non capisce il piemunteise non si offenda: questa è la strada bellezze!

Il buon Marfè rispetta pienamente tutti i canoni del nuovo corso n(e)o melodico pop-denz napoletano: età compresa tra i 10 e i  19 anni (se non credete a queste stime ascoltatevi il frizzantinissimo Stefano De Santis e ditemi se non sognate un figlio così), luogo di nascita imprecisato racchiuso tra Scampia, Secondigliano, Sanità, Napoli Centro e le ville abusive sul Vesuvio, cugino di settimo grado della scala Richter di almeno un Peppe Pupata, Aietano Coppola, Ndonio Pisciazzuolo, Grabbiele Gargiulo, Semmuone Austacchio, Mbrinesse Vasciaiola, Ulanna Iodice, Nando Quagliarulo, titolo di studio conseguito il secondo anno di asilo nido tramite Grandi Scuole, primi lavoretti come meccanico, spacciatore (che metterà in risalto le sofferenze cantautorali di quelli che hanno scelto di diventare latitanti per il bene della società) o compositore di suonerie sinfoniche per cellulari plasmate su cagnolini che latrano, micini che si dopano, rane che amoreggiano e mucche che scorreggiano su fiorellini che ballano, ispirato da pezzi di preistoria della musica italiana come Nino D’Angelo, Ciro Ricci, Gigi D’Alessio e dagli ultimi miti postnucleari Gianni Celeste e Maria Nazionale, sverginato dall’indimenticato duetto Mario Merola – Josy Cappella, maturato musicalmente da tre giorni di pianobar con lo zio suonatore di lassofono, immancabili primi concerti ai matrimoni di sposi che non l’hanno invitato, ai funerali di parenti straziati dalla sua ugola, nei sottoscala delle case popolari, nelle residenze dei boss e nei bagni pubblici, predestinate esibizioni sul piccolo schermo a TeleFogna, TelePigliDiBrutto, TeleSuonoDiSantaRagione, Tele Discarica, tipico colorito caffelatte luminescente perpetuamente abbronzato e radioattivo di chi si fa il bagno nel cerone di Berlusconi, esemplare depilazione delle sopracciglia a suddivisioni del millimetro come evidente simbolo di virilità alla Elenoir Bellucci, ammirevole abbigliamento sobrio e rigorosamente contraffatto che non può fare a meno del mutandone Volta&Gabbana, della maglietta Baci&Stracci, del jeansettino Armanicomio, del classico orecchino a diamante 27 mila carati Versacci, della invisibilissima collana lunga come un pitone Swalutovski, del gel Vinavil, della lacca in amianto Cotonett e degli occhiali con la montatura a forma di fragola.

I fanz del cantante neomelodico si contraddistinguono per il peculiare processo inverso di crescita cerebrale: mentre le persone normali hanno un effettivo calo delle prestazioni dei neuroni generalmente nella terza età, loro intraprendono tale cambiamento a partire dalla nascita, arrivando a 15 anni ad avere le capacità intellettuali di una libreria dell’Ikea. Prediligono il linguaggio gestuale a quello verbale che di solito è disarticolato, incomprensibile, grezzo, inframezzato da ricorrenti infatti, cioè, embé, bestemmie e neologismi abbreviati stile messenger. I fanz maschili condividono la musica più figa del mondo a tutto volume con tutti gli esseri viventi presenti nel raggio utile a propagare il sisma, facendo capire quanto quelle soavi melodie possano colpire con proiettili avvelenati le anime e hanno una bizzarra tecnica di approccio, denominata palpazione del deretano delle ragazze: se la donzella è anch’essa una fanz si volgerà per dargliela, altrimenti si girerà per finirlo brandendo coltelli, catene, spranghe o asce.

Ma ora dopo questo compendiale trattato antropologico, gustiamoci il sublime capolavoro marfesco:

 

 

Fonte: http://www.youtube.com/user/SGDLUSH75

 

Notare lo strabiliante canovaccio del video: il nostro eroe viene caricato su un elicottero della Protezione Civile, scortato dalle fide guardie del corpo Berto, se c’è sospetto e bufera lui è già sul posto con la picozza e il registratore di cassa, e Laso, che al presunto scandalo delle ristrutturazioni alle sue abitazioni risponde che era solo fisioterapia ai tubi sofferenti di cervicale, e scaraventato in Afghanistan per sbaragliare i Talebani con un carico di crema coprente per i brufoli, fondotinta addensato, piastra per  capelli, autoabbronzante, latte doposole, unghie finte, pinzette, lentine colorate, orecchini tre metri sopra il cielo, ziggulit per l’alito, mollettine di Hello Kitty, mastice per ceretta, scatola di preservativi scaduti, mentos contrabbandate per pillole contraccettive, sopracciglia posticce di Elio delle Storie Tese. Purtroppo il nostro prode paladino, con il nerbo di una lumaca sotto anestesia, per non tradire la sua nomea frizzantina cade sui Faraglioni di Capri e non riuscirà mai a salvare questo pianeta malridotto. Semplicemente esaltante…

Dal lato squisitamente scenico il nostro dimostra di saper cantare come un mulo che si diletta in risciacqui con litrozzi di Coca Cola light, ripete fino alla nausea gli stessi tre movimenti scombinati come la mattarellata del pizzaiolo o l’aleggio del fagiano, presenta incessantemente l’espressione di uno che pensa di essere sexy e atletico, ammicca come per dare alle donne un argomento in più per ritenere che il sesso sia sopravvalutato.

 

Ultim’ora: trovato uno scarrafone sul set del video di Marco Marfè. "Appena ho capito cosa c’era su quell’elicottero, ho iniziato a sentirmi malissimo. Sono dovuto andare all’ospedale" ha proferito lo scarrafone.

 

Ultim’ora due: il Governo Italiano ha preannunciato un ulteriore aumento delle tasse. Spiegazione ufficiale: “Marco Marfè arrampicandosi come un orango, ha distrutto 127 elicotteri dell’Esercito”.

 

Ultim’ora tre: é bufera sui costosissimi effetti speciali del fantastico video di Marco Marfè. Il Pd: "Ora si vada a fondo". Va bene carissimi, ma adesso potreste anche spendere due parole per il tema in questione, invece di parlare sempre di voi.

 

Ultim’ora quattro: Marco Marfè sulla corista del brano: “Se lei è intelligente quanto bella faremo grandi cose insieme”. Risposta della corista: “Se Marfè è intelligente quanto bello, ne dubito fortemente”.

 

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Una poesia al giorno toglie il temporale di torno: Altolaguirre (3)

 

L’alba

 

La pioggia è sguardi d’angeli

in gloria, accordi di cristalli.

E su tutto questo: l’allegria di stare

non accanto, né sopra e

neppure dentro, ma in Lei.

Confusi entrambi, più che fusi.

Diventati ormai un solo corpo,

un’anima sola che bacia se stessa

negli spazi bianchi, dimentica del mondo.

 

(Manuel Altolaguirre)

 

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Appello diaz-zeccato

 

Perché aggredire le tenebre? Basta accendere una luce e le tenebre fuggono

(San Francesco d’Assisi)

 

 

 

di Romina RosoliaIl Manifesto

 

Condannati in appello i dirigenti Ps per i fatti della Diaz

La Corte d’appello li condanna, il governo li difende. Intanto, per il massacro notturno alla Diaz dieci anni fa, i vertici della polizia allora al comando sono stati dichiarati colpevoli. E sempre di notte, dopo undici ore di camera di consiglio, è giunta la sentenza della terza sezione della Corte d’appello di Genova, che ha deciso di infliggere: quattro anni di reclusione al capo dell’anticrimine Francesco Gratteri, cinque anni all’ex comandante del primo reparto mobile di Roma, Vincenzo Canterini, quattro all’ex vicedirettore dell’Ucigos, Giovanni Luperi (oggi all’Agenzia per le informazioni e la sicurezza interna), tre anni e otto mesi all’ex dirigente della Digos di Genova, Spartaco Mortola, (ora vicequestore vicario a Torino), tre anni e otto mesi all’ex vicecapo dello Sco, Gilberto Caldarozzi. Gli stessi imputati nel 2008 erano stati assolti in primo grado. Altri due funzionari della Polizia, Pietro Troiani e Michele Burgio, sono accusati di aver portato le molotov nella scuola.

Stanotte nel tribunale di Genova si è levato un urlo di sollievo mentre i magistrati leggevano la sentenza. Le grida sono state dei numerosi stranieri presenti in aula, tedeschi e inglesi in particolare, vittime dell’assalto, tra cui il giornalista inglese Mark Covell, che subì lesioni gravissime.

Gli stessi, di lì a poco, hanno diffuso un comunicato stampa per esprimere la loro soddisfazione: «Siamo lieti di constatare che la magistratura italiana ha corretto l’ingiusta sentenza del novembre 2008 e ha riconosciuto il coinvolgimento, le intenzioni delittuose e le connivenze dei capi della polizia».

E continuando: «Adesso si conoscono i fatti e anche l’opinione pubblica italiana verrà a conoscenza di quanto avvenuto nel corso della macelleria messicana presso la scuola Diaz. Siamo convinti che il blitz alla Diaz sia l’esempio lampante del controllo politico sistematico esercitato sulle forze dell’ordine dal ministero dell’interno. Possiamo sperare che la sentenza Diaz costituisca un forte messaggio a tutti i funzionari di polizia affinché rispettino i diritti di ogni singolo cittadino italiano».

Ma nonostante la sentenza – e le immagini eloquenti dei volti tumefatti e sanguinanti dei ragazzi pestati nella scuola che hanno fatto il giro del mondo – il sottosegretario all’interno Alfredo Mantovano difende i poliziotti condannati replicando a chi, come Vittorio Agnoletto, ha chiesto le loro immediate dimissioni: «Questi uomini hanno e continuano ad avere la piena fiducia del sistema sicurezza e del ministero dell’interno».

Per Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera: «La sentenza sul processo Diaz fa sua la tesi più estrema dei no-global. A nostro avviso quella notte ci furono indubbiamente errori e valutazioni sbagliate da parte di alcuni settori delle forze dell’ordine, ma non ci fu né un organico disegno repressivo né una catena di comando funzionale ad esso».

Per l’ex magistrato, attualmente europarlamentare Idv, Luigi De Magistris, «La sentenza attenua una pagina immonda. È una risposta positiva al desiderio di giustizia e di verità che il paese nutre da luglio 2001, quando venne scritta una delle pagine più tristi e vergognose di sospensione dello stato di diritto in Italia. Ma è anche un riconoscimento per i tanti uomini e le tante donne delle forze dell’ordine che svolgono onestamente il loro compito, entro i confini democratici e costituzionali sempre rispettando la persona umana».

Per il senatore del Pd Roberto Della Sera, che all’inizio della legislatura ha presentato un disegno di legge per l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulle violenze al G8 di Genova, «I giudici hanno ristabilito lo stato di diritto».

«Un giudice c’è anche a Genova, non solo a Berlino!», è stato il commento secco di Giuliano Giuliani, il papà di Carlo Giuliani, ucciso il 20 luglio 2001, il giorno prima del massacro alla Diaz.

 

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FuturoZero

 

Coloro che hanno il privilegio di sapere, hanno il dovere di agire

(Albert Einstein)

 

 

 

di Carlo TecceIl Fatto Quotidiano

 

La trasmissione in onda fino a giugno. Per il conduttore, che non ha ancora dato spiegazioni ufficiali, progetti da collaboratore

Il comunicato di poche righe, a tarda sera, chiude una stagione e cala il sipario su Annozero: “La Rai ha approvato una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dipendente con Michele Santoro”. Fine. E poi un’apertura, per un futuro diverso: un accordo da firmare – con licenza di spaziare dalla prima alla terza rete – per realizzare progetti editoriali e sperimentali (anche docufiction) nei prossimi due anni. Il consiglio di amministrazione ha votato con sette voti a favore e due astenuti, maggioranza e opposizione insieme, una proposta del direttore generale Masi che, a due mesi dall’ultima puntata di Annozero, congeda una trasmissione di successo.

 

Sempre al centro della tormenta: dalle intrusioni del governo all’ostruzionismo dell’Agcom, dall’inchiesta di Trani alla sospensione per par condicio. Pressioni che, messe in fila e con cadenza sistematica, avranno condizionato la tranquillità di Santoro, rientrato in Rai grazie a una sentenza del Tribunale del Lavoro. E in parallelo l’ostinazione degli avvocati Rai che depositano il ricorso in Cassazione. Una spada di Damocle che pesava sul giornalista: “Vogliono dare un segnale di distensione? La smettano di fare ricorsi”, disse in un’intervista al nostro giornale. Santoro ha annunciato che parlerà in conferenza stampa, tra qualche giorno a carte ferme e sigillate. Su delega dei consiglieri, il direttore Masi ha condotto la trattativa in segreto: poche indiscrezioni nel pomeriggio, poi la nota di viale Mazzini e il silenzio di Santoro. C’è forse un mese decisivo nella storia di Annozero. Il punto di rottura. Il lungo mese di marzo. Con la scoperta delle telefonate tra il commissario Giancarlo Innocenzi e Silvio Berlusconi per ostacolare la trasmissione, la doppia delibera del Cda che cancellava l’informazione e l’interpretazione di Bruno Vespa, distaccata e quindi più veritiera: “Colpiscono me, Paragone, Floris per colpire Santoro”.

 

Anche se i dubbi erano pari a zero, in quel momento Santoro ha percepito l’enorme portata della guerra aziendale e politica contro di sé: un’offensiva incessante e trasversale che poteva coinvolgere colleghi, politica e dirigenti. E così aveva promesso per reagire: “Noi saremo qui, sempre. In forme atipiche e affascinanti, ma ci saremo”. Studi Rai di via Teulada, protesta sindacale, spunta l’idea di Raiperunanotte per riaccendere il servizio pubblico. Una manifestazione unica, diffusa ovunque e comunque: sul satellite e sul digitale, sulla rete e sui telefonini.

 

I protagonisti di un Paladozza gremito, dentro e fuori, sono facce epurate come Daniele Luttazzi, imbavagliate come Loris Mazzetti, irriverenti come il Trio Medusa. Il successo di Bologna aveva i numeri dell’evento e la corazza per sfondare cento, mille editti bulgari: “Questa sera farà da precedente”. Quel palazzetto dello sport conteneva un pezzo di libertà e forse di trasgressione che, sin dalla lista di Sofia, a viale Mazzini sono inconcepibili. Nei suoi anni che seguiranno l’Annozero, Santoro immagina altre Raiperunanotte, altre docufiction che raccontano la realtà. Anche la realtà proibita in Rai.

 

Proprio le docufiction sulla mafia e i processi di Berlusconi, il dicembre scorso, avevano incollato il francobollo di Mauro Masi ai direttori di rete: “Basta con ricostruzioni giudiziarie”. Quel che sarà il futuro di Santoro, parola sua, verrà spiegato da Santoro stesso. La notizia che milioni di telespettatori affezionati mai volevano ascoltare, già adesso devono conoscerla: Annozero finisce qui. Anzi, finirà il prossimo 10 giugno. Il titolo è forte: Santoro lascia la Rai, ma la politica tace. Parlano i suoi colleghi.

 

La sua amica, Lucia Annunziata: “Sono profondamente dispiaciuta perché Santoro quest’anno aveva fatto il talk più bello della Rai, Sono addolorata non solo come giornalista, ma soprattutto come conduttrice: l’azienda ci perderà con questo accordo. Sapevo che Santoro fosse stanco. Nell’ultimo periodo stava assumendo un ruolo diverso, di mediatore. Sono molto dispiaciuta anche per questo”. E Gad Lerner dell’Infedele, spesso ospite di Annozero: “L’Italia non ha certo bisogno che si restringano ulteriormente gli spazi di pluralismo in televisione”. Nessuna solidarietà da Vespa: “Si conferma che essere perseguitato per Santoro è un ottimo investimento”.

 

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Una poesia al giorno toglie il temporale di torno: Altolaguirre (2)

 

Ora

 

Ora che stiamo soli,

nudi di corpo ed anima,

il mio bacio ti circonda

d’un immenso deserto.

 

Le spiagge si seccano,

s’oscurano i cieli

e, convertito in fumo,

egoista e dilatato,

invadendomi cancello

la tua vita di ricordi.

 

(Manuel Altolaguirre)

 

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